venerdì 6 novembre 2009

La comunicazione della scienza: è possibile farsi capire da tutti?

Il 24 settembre, nell’aula magna Alberto Boscolo della Cittadella universitaria di Monserrato, si è tenuta la cerimonia conclusiva del primo Master di secondo livello in Comunicazione della Scienza organizzato dalla facoltà di Scienze dell’Università di Cagliari.
Organizzato con la partecipazione del Consiglio Regionale dell’Ordine dei Giornalisti della Sardegna, con il CRS4 e con l’INAF, Osservatorio Astronomico di Cagliari il master ha avuto lo scopo di formare delle figure professionali capaci di fare da tramite tra la il mondo scientifico e il vasto pubblico.
I tredici partecipanti, laureati in discipline sia scientifiche che umanistiche, hanno mostrato un vivo interesse frequentando regolarmente le lezioni nonostante i vari impegni lavorativi della maggior parte di loro. Durante le lezioni hanno partecipato attivamente ai laboratori creando dei brevi racconti e un proprio blog sul quale pubblicare commenti e articoli a notizie spaziando per vari argomenti.
Il master si è svolto in due parti; durante la prima parte sono state affrontate delle lezioni teoriche affiancate da laboratori di scrittura e di teatro per poter approfondire i diversi stili di scrittura e la gestualità del corpo per interagire con gli altri.
La seconda fase del master ha dato la possibilità agli studenti di poter mettere in atto le conoscenze e le competenze acquisite durante la fase teorica. Durante le quasi quattrocento ore di tirocinio, svolte nelle diversi strutture che si sono offerte per accogliere gli stagisti, sono state svolte delle esperienze significative che hanno messo in luce l’importanza della creazione di una figura simile.
I lavori dei singoli stagisti sono stati presentati davanti alla Commissione Scientifica organizzatrice del master composta da Elisabetta Marini, direttore del master, Andrea Rinaldi, Ignazio Porceddu, Lucio Cadeddu e Andrea Mameli.
Maria Grazia Arru ha svolto il tirocinio alla Soprintendenza Archeologica per le province di Cagliari e Oristano, evidenziando l’importanza della comunicazione in ambito archeologico attraverso comunicati stampa, organizzazione di conferenze per importanti eventi, come ad esempio quella organizzata per la presentazione del ritorno in Sardegna del bronzetto di età nuragica noto come “L’arciere di Cleveland”, l’allestimento e la presentazione al pubblico di aree archeologiche, l’importanza della comunicazione tra Soprintendenza, pubbliche amministrazioni e privati cittadini. Federica Artizzu, tirocinio svolto nella Sezione Divulgazione Scientifica di Sardegna Ricerche, ha potuto mettere in atto le sue competenze di comunicatrice organizzando visite guidate per alunni delle scuole di ogni grado e adulti e ha partecipato attivamente alla realizzazione del primo concorso indetto da S.R. “IO la scienza la vedo così”, che ha visto coinvolte tutte le scuole della Sardegna. Paola Chinedda, all’Osservatorio Economico della Sardegna, ha analizzato il sito web di Sardegnastatistiche migliorandone l’accessibilità e la fruibilità per l’utente. Anche Daniela Corona ha svolto in tirocinio all’Osservatorio Economico della Sardegna, analizzando gli aspetti di accessibilità, usabilità e la qualità del linguaggio e delle informazioni. Fabiana Dessì, nell’ufficio stampa del Brotzu ha partecipato alla organizzazione della campagna di sensibilizzazione sulla donazione degli organi, alla presentazione della nuova sala parto del reparto di ostetricia e ginecologia nella quale sarà possibile effettuare il parto in acqua. La stagista ha inoltre analizzato due science centre, uno ad Amsterdam, Nemo, e l’altro a Bristol, l’Explore@Bristol. Lo stage ha permesso inoltre la pubblicazione di articoli scientifici sulla testata online “Scienza online”, con la quale tutt’oggi continua a collaborare. Il tirocinio di Laura Farci, svolto all’ufficio stampa dell’Università di Cagliari, ha avuto come scopo quello di studiare il modo in cui i gruppi di ricerca dell’Ateneo comunicano i risultati ottenuti, di proporre un piano di comunicazione scientifica ai gruppi di ricerca e di contribuire alle attività dell’ufficio stampa in particolare su temi scientifici. Mauro Ligas e Mauro Tolu hanno progettato la news letter di frequenza mensile per il sito istituzionale dell’ARPAS, l’azienda regionale di protezione ambientale. Anna Giuliani ha applicato la comunicazione scientifica in ambito commerciale progettando e realizzando un sito web per un’importante azienda chimica. Federica Grussu al Museo di Zoologia di Cagliari ha collaborato per la creazione di un diorama sui passeriformi grazie la quale lo spettatore potrà ammirare l’habitat di alcune specie di uccelli del Gennargentu come se fosse realmente davanti a quel panorama grazie al gioco di luci e alla sua fedele ricostruzione. Giulia Mameli si è occupata di comunicazione scientifica nell’ufficio stampa del Comune collaborando anche per la trasmissione televisiva andata in onda su Rai uno “Linea Blu”. Paola Picci ha analizzato gli aspetti della percezione del concetto di energia nei bambini in collaborazione con il CRS4 e Laboratorio Scienza s.r.l. Progetto che verrà presentato al Festival Scienza di Cagliari il 6 e il 9 novembre. Infine, i luoghi del tirocinio di Andrea Serra, Città della Scienza di Quartu e Planetario della nuova sede del quotidiano Unione Sarda a Cagliari.

venerdì 2 ottobre 2009

Ascalaphus, neurottero di Asia e NordAfrica

Roberto Pantaleoni, ricercatore dell’Ise, Istituto per lo studio degli Ecosistemi del Cnr di Sassari, e Agostino Letardi, ricercatore del dipartimento Biotecnologie, Agroindustria e Protezione della salute del Centro ricerca Enea di Casaccia (Roma), sono stati dei turisti un po’ speciali in una delle spiagge più suggestive della Sardegna sud-occidentale, la spiaggia di Porto Pino, nel Comune di Sant’Anna Arresi. Il motivo della visita è stata la scoperta circa dieci anni fa, della presenza di un insetto piuttosto “timido”, simile a una libellula, che vola solo due ore al giorno, l’Ascalaphus sp. Si tratta di un Neurottero tipico dell’Asia meridionale e delle zone dei laghi salati del Nord-Africa e mai descritto prima in Europa. I primi studi sui Neurotteri in Sardegna risalgono al 1842, e solo tra la fine degli anni novanta e i primi anni del 2000 sono state fatte campagne di studio più approfondite. Dal 2003, grazie alla collaborazione con i due maggiori esperti di Neurotteri, i coniugi Ulrike ed Horst Aspöck di Vienna, sono iniziate delle campagne annuali di ricerca sui Neurotteri. È con la campagna del 2005 che si hanno i primi importanti risultati. Quell’anno la campagna viene dedicata agli Ascalaphidi e dopo vari appostamenti vengono catturati nove esemplari e alcune larve. Le larve vengono portate a Vienna per essere studiate meglio, ma ancora oggi non si hanno risposte definitive riguardo l’Ascalaphus sp. Come spiega Agostino Letardi “Gli Ascalaphidae sono insetti con una buona capacità di volo: ciò nonostante non è raro avere delle specie simili, ma diverse nelle diverse isole che rappresentano comunque un fattore di isolamento biogeografico difficilmente superabile per un insetto di piccole dimensioni come questo”. L’insetto non era presente nel continente europeo e i ricercatori stanno cercando di capire se si tratta di un insetto presente da epoca geologica e, “in questo caso”, spiega Letardi, “si potrebbe parlare di endemismo, oppure di una recente colonizzazione proveniente da specie del Nord Africa.” Dare una risposta non è semplice. Poche persone studiano i Neurotteri, la “visibilità” di questi insetti è piuttosto limitata; le larve sono poco appariscenti e sono seminascoste nel suolo, mentre gli adulti prediligono le ore crepuscolari per il volo, inoltre la densità della popolazione è bassa. “La conoscenza di questi insetti nel Nord Africa è ancor più limitata e scarsa”, continua Letardi, “Insomma ci mancano molti elementi per poter avanzare delle ipotesi solide”. Ci sono progetti futuri per continuare le ricerche sull’Ascalaphus e sull’importanza della conservazione e dello studio sulla biodiversità degli insetti? “La risposta è sì in entrambi i casi”, dice Letardi “il legame della fauna sarda con quella nordafricana e più in generale mediterranea è oggetto da diversi anni di progetti di ricerca promossi e condotti dall’istituto Ise del Cnr nella sua sede a Sassari diretta da Roberto Pantaleoni. Tali progetti hanno già previsto, ad esempio, diverse missioni di ricerca in Tunisia, alla quale io ho partecipato personalmente nel 2007, ma anche in aree peculiari della penisola italiana, sempre nello stesso anno, con una settimana di ricerche sull’isola di Zannone, nell’arcipelago Pontino.Lo studio della biodiversità degli insetti in Italia è stato recentemente oggetto di un grosso programma di studio che ha coinvolto centinaia di specialisti italiani nella realizzazione di un data base promosso dal ministero dell’Ambiente, direzione per la Protezione della natura e condotto dal museo di Storia naturale di Verona, nel quale io e il prof. Pantaleoni siamo stati referenti per alcuni ordini di insetti.”L’importanza della tutela della biodiversità, grazie alla sensibilizzazione da parte delle istituzioni, ha portato a portato a studi e progetti di raccolta attraverso il Corpo forestale dello Stato in particolare nelle aree protette o particolarmente significative in quanto “riserve di ricchezza in biodiversità”. Alcuni progetti sono stati resi possibili grazie allo sviluppo di fondi europei , come ad esempio il progetto Life. Gli insetti, nonostante siano gli esseri più numerosi e che con maggior successo sono riusciti a colonizzare la terra, non godono di grande considerazione e la loro conoscenza risulta spesso piuttosto limitata. Letardi non perde occasione per dedicarsi alla “didattica” degli insetti, promuovendo incontri e partecipando a momenti divulgativi. “Chiunque frequenti ambienti naturali non ci mette molto a capire quanto importanti siano gli insetti negli equilibri biologici”, sottolinea il ricercatore.La scoperta dell’insetto in un territorio dall’alto interesse turistico, come la spiaggia di Porto Pino, non dovrebbe farci dimenticare il valore che un ambiente equilibrato garantisce anche all’uomo e che la presenza di questi “piccoli compagni di viaggio” rappresenta spesso un indicatore di buona qualità ambientale.

Pula: “La scienza, un bene per tutti”

“Io la scienza la vedo così”; è questo il titolo dato al primo concorso a premi rivolto agli studenti delle scuole della Sardegna promosso dalla sezione di divulgazione scientifica dall’ente regionale Sardegna Ricerche. Il concorso, conclusosi il 30 aprile, nasce con lo scopo di avvicinare i giovani alla scienza e alle attività del parco tecnologico di Pula fin dall’infanzia. Le scuole che hanno partecipato sono state circa 50 con vari lavori: fumetti, disegni, rappresentazioni di esperimenti e la creazione di giornali scientifici. La premiazione si è tenuta il 10 giugno nell’auditorium dell’edificio 2 del Parco, sede di Sardegna Ricerche. I duecento ragazzi premiati hanno animato la sala con la presentazione dei propri lavori. I premi, tutti rigorosamente tecnologici, sono stati assegnati sia ad intere classi che a ragazzi che hanno deciso di partecipare singolarmente.Nicoletta Zonchello, curatrice della manifestazione, e i suoi collaboratori hanno deciso di premiare personalmente i vincitori. La fantasia ha sicuramente contraddistinto i lavori creati dai bambini delle scuole elementari, i primi ad essere premiati. Nonostante la giovane età dei ragazzi, gli elaborati presentati erano caratterizzati dal rigore che contraddistingue il metodo scientifico. Significativo il giornale a fumetti ideato dalla IV B della scuola di via Firenze di Quartu in cui gli esperimenti vengono descritti in rima, il video creato dagli alunni della classe V D di via Garavetti di Cagliari e i disegni delle classi IV A e IV B dell’istituto comprensivo di Pula. Primo premio anche a Niccolò Piras che ha partecipato singolarmente con un progetto su come produrre energia in maniera “pulita” facendo semplicemente dei passi su delle pietre.I secondi premiati sono stati i ragazzi delle scuole medie. Il terzo posto è andato alla scuola di Ballao che ha presentato un video, il secondo alla scuola media di Nurri con un video sulla scoperta delle cefalosporine e il primo alla scuola di Villanovafranca con degli splendidi disegni. Tra i singoli è stata premiata Eleonora Piano della scuola media Nivola di Capoterra, che ha creato un fumetto.Infine, i ragazzi delle scuole superiori. Il terzo posto è andato alla scuola alberghiera di Tortolì che ha proposto un video dal titolo “Sperimentando tra gli alimenti”; il secondo classificato, il liceo Brotzu di Quartu, con un video dal titolo “Osmosi in una carota”. Le classi IV e V B del liceo linguistico di Carloforte e la classe III A dell’Istituto minerario di Iglesias sono state premiate ex-aequo al primo posto. Il liceo di Carloforte ha presentato un gioco di società dal titolo “Occhio alla Terra” che affronta il problema dei cambiamenti climatici e propone la soluzione attraverso le conoscenze scientifiche, mentre l’istituto di Iglesias ha proposto un fumetto il cui protagonista, il professor Onion, ha un assistente piuttosto sbadato e per una distrazione vengono catapultati all’interno della materia. Tre i ragazzi delle scuole superiori premiati come singoli. Paolo Usai del liceo Michelangelo di Cagliari, che da una scatola di gelato è riuscito a creare una macchina capace di produrre idrogeno a partire da acqua salata, Simone Scalas del liceo Giua di Assemini, che ha creato un sito web per il Parco Tecnologico e infine, Giulio Demelas, del Liceo classico di Olbia, ha proposto una riflessione sul tema “Perché non bisogna fermare la scienza”. A loro tre è andato il premio più importante, ovvero la possibilità di svolgere uno stage al parco tecnologico.L’idea di un concorso come quello proposto da Sardegna Ricerche è sicuramente un’ottima iniziativa per stimolare i bambini e i ragazzi ponendosi in maniera critica di fronte agli eventi naturali e non solo a memorizzare dati e formule.Questa iniziativa si aggiunge a numerose altre nate negli anni in Sardegna nell’ambito della divulgazione scientifica. Ne sono un esempio il Festival della Scienza di Orgosolo, giunto alla quarta edizione. La manifestazione, organizzata dall’associazione culturale “Viche-Viche”, si è svolta dall’8 al 10 maggio con numerosi laboratori sia nelle scuole, rivolti anche ai bambini in età prescolare, che per le strade del paese con il coinvolgimento degli adulti. Dal 5 al 12 novembre ci si sposterà a Cagliari, nelle sale dellEx-Mà, per la seconda edizione del “Festival della scienza” dal titolo “La scienza: occhiali per vedere il mondo”. Avvicinare i giovani al mondo scientifico è lo scopo di tutte queste manifestazioni, a partire dall’infanzia in cui i bambini dimostrano più fantasia e più apertura mentale perché non ancora influenzati dagli adulti. Come ad esempio l’indagine rivolta a circa 200 bambini delle seconde elementari di Cagliari dal titolo “Energia per Bambini” svolta dal CRS4 e dalla società “Laboratorio Scienza”, i cui risultati verranno presentati il 6 novembre. La comunicazione scientifica sta vivendo un momento molto intenso in Sardegna e lo dimostrano i numerosi eventi organizzati nell’ultimo periodo in tutta l’isola. Da ciò nasce anche la necessità di formare esperti comunicatori della scienza con un master universitario come quello promosso dalla facoltà di Scienze dell’università di Cagliari.

StartCup, la ricerca si trasforma in impresa

Il 7 luglio si è chiusa a Cagliari nei locali dell'ex Clinica Aresu la prima fase del concorso Sardegna StartCup. Promosso dall'Università di Cagliari e di Sassari e dalla Regione della Sardegna, la competizione si svolge parallelamente sia a livello regionale che in contemporanea con altre 16 città italiane che parteciperanno alla fase finale.
Quattordici le idee esaminate dal Comitato Scientifico, quattro delle quali hanno superato la prima parte del concorso e parteciperanno alla selezione regionale che si terrà il primo ottobre con la presentazione dei relativi business plan. Il vincitore potrà poi aspirare a partecipare al concorso a livello nazionale che si terrà a Perugia nel mese di dicembre. Le quattro idee finaliste hanno ricevuto un compenso economico e l'affiancamento di un consulente dell'Unione Giovani Dottori Commercialisti di Cagliari. Fino alla fase finale potranno avere un supporto economico e la possibilità di ricevere assitenza per poter sviluppare al meglio la propria idea di impresa. Le idee finaliste nascono in ambienti diversi, ma sono tutte volte a proporre la realizzazione di un progetto innovativo e di utilità per la comunità. Come il progetto presentato da Marco Cogoni del CRS4 (e ideato insieme a Enrico Fois e Giuliano Malloci) che propone la creazione di un "Modulo solare termico per pannelli fotovoltaici", un sistema ibrido capace di produrre energia e acqua calda ad un costo nettamente inferiore rispetto ai sistemi attuali. Altri due progetti riguardano l'IT, come ad esempio il "Social network sostenibile", che promuove la creazione di una rete tra persone per creare un sistema di mobilità capace di ridurre i costi di trasporto delle persone. Sempre nell'ambito dell'IT, il "Sistema di monitoraggio, identificazione e riconoscimento di soggetti all'interno di ambienti controllati", si tratta di un sistema attraverso il quale è possibile controllare lo stato termico in diversi ambiti e per il quale si ipotizza l'utilizzo negli aereoporti o negli ospedali. "Il fiore dello zafferano" invece, è un progetto attento al rispetto dell'ambiente, che utilizza il fiore dello zafferano come colorante naturale attraverso una lavorazione del fiore in maniera eco-sostenibile.

lunedì 15 giugno 2009

Dai residui organici un nuovo modo di produrre energia pulita

L'utilizzo di fertilizanti organici in agricoltura è molto diffuso in tutto il mondo. Nonostante la loro orignine oragnica, le feci degli animali costituiscono un fattore di inquinamento pericoloso. La società "Earthrenew"http://www.earthrenew.com/ -, con sede a Calgary, ha trovato un modo più economico e pulito per risolvere il problema. Attraverso un processo a basso costo i residui organici trasformati in concime vengono convertiti in granuli soddisfando i bisogni delle industrie e generando allo stesso tempo, elettricità.
L'idea di base è quella di combinare un forno ad alta temperatura alimentato da gas naturale, metano. Il primo processo converte la massa di fertilizzante in granuli, uccidendo agenti patogeni, come Salmonella e Escherichia coli, grazie all'elevata temperatura sviluppata in questa fase. In questo modo il fertilizzante può essere immagazzinato più facilmente rispetto ai liquami o al compost. Un altro vantaggio è che gli agricoltori possono mischiare i granuli di concime insieme ai semi senza dover tornare nei campi per riconcimarli; inoltre poichè i granuli rilasciano i nutrienti in maniera più lenta, non c'è più la necessità di dover concimare i campi più volte.
All'inizio di quest'anno EarthRenew ha aperto il suo primo impianto fuori Calgary. Per due ettari di terra coltivata sono stati utilizzati i rifiuti prodotti da 25.000 capi di bestiame, che altrimenti sarebbero dovuti essere smaltiti in altro modo, producendo 77.000 tonnellate di organico per anno. Il costo del funzionamento della struttura è stato compensato dalla vendita di energia elettrica prodotta, sufficiente per alimentare 3.000 case.
Il sistema funziona in maniera molto semplice. E' costituito da un forno ad alta tremperatura che utilizza il metano come agente di combustione fornendo direttamente potenza alle turbine. Le turbine a loro volta azionano i generatori che producono elettricità che viene poi venduta all'azienda locale che eroga l'energia elettrica. Lo scarico caldo entra in un forno che può arrivare fino a 1000 gradi Fahrenheit. Il concime spinto all'interno del forno ad una temperatura così elevata viene liberato da tutti i possibili microbi presenti e ne permette l'utilizzo in maniera sicura, riducendo in questo modo il rischio di introdurre malattie negli alimenti. A questo punto il concime, diventuto secco e di dimensioni ridotte, viene immagazzinato e spedito.
Il calore prodotto dalla turbina durante la fase di scarico potrebbe essere utilizzato per la dessalinizzazione dell'acqua e per i trattamenti industriali.
La società sta pensando di utilizzare anche i residui organici umani, oggi vietati in agricoltura, ma che potrebbero essere usati per concimare i campi da golf.

martedì 19 maggio 2009

Mai più scarichi

E' stato presentato oggi 19 maggio 2009 a Tokyo il cellulare più ecologico presente sul mercato. Si tratta del Solar Hybrid 936SH, il primo cellulare prodotto dalla Sharp e messo in commercio da Softbank, il terzo gestore di telefonia mobile in Giappone, capace di ricaricarsi con l'energia solare.
Si tratta di un telefonino dotato di alcune celle fotovoltaiche poste sul coperchio capaci di fornire un minuto di autonomia in conversazione e due ore in stand-by con appena dieci minuti di esposizione ai raggi solari.
Il costo è decisamente modico, circa 300 €, e tra le altre caratteristiche, è completamente impermeabile all'acqua.

sabato 25 aprile 2009

Dobbiamo dire grazie alla Luna?

La sua nascita risale a cinque miliardi di anni fa e fin da subito l'attrazione reciproca tra la Luna e la Terra è stata forte.
Almeno una volta al mese appare come una palla luminosa sospesa nel cielo della notte. Da sempre ha influenzato la vita dell'uomo, lo dimostrano le numerose credenze popolari che sono state tramandate fino ai giorni nostri. Con la luna piena pare che gli uomini possano assumere delle strane sembianze, trasfromandosi in licantropi, le gestanti tendano ad iniziare il travaglio oppure il favorire l'imbottigliamento del vino. Molte di queste credenze non hanno un granchè di scientifico, ma la Luna da sempre influenza il fenomento delle maree e, da una recente ricerca, sembra che grazie alle continue oscillazioni del livello del mare si sia potuta originare la vita. Lo sostiene Richard Lathe, biologo molecolare del Pieta Research di Edimburgo.
Secondo la teoria del ricercatore tre miliardi e mezzo di anni fa, data in cui si presume siano nate le prime forme di vita, le maree erano molto più frequenti vista la maggiore vicinanza tra Terra e Luna. Si stima che ci fosse una marea ogni due/sei ore e questo continuo oscillare del livello del mare provocava una diversa concentrazione salina lungo le aree costiere. Sappiamo che la vita è nata dall'aggregazione di singole molecole che si sono aggregate in lunghe catene che fungevano da matrice sulle quali si attaccavano altre molecole formando delle catene. Le doppie catene sono quelle che hanno formato gli acidi nucleici, Dna e Rna, che sono alla base di ogni forma vivente. Per Lathe, la differenza di salinità è stata la causa del disassociarsi e del riassociarsi delle molecole di Rna e di Dna.
La teoria lascia ancora dei dubbi alla comunità scientifca, ma non c'è dubbio che questa nuova scoperta ci fa sentire quanto straordinaria sia l'attrazione tra questi pianeti.

giovedì 23 aprile 2009

C'era una volta un muflone...L'origine della pecora svelata da un retrovirus

Una doppia elica di DNA all’interno dell’occhio di un vitello. Con questa immagine la rivista “Science” ha rappresentato la ricerca pubblicata sulla copertina del 24 aprile. Una data che Bernardo Chessa, ricercatore nel Dipartimento di Patologia e Clinica Veterinaria dell’Università di Sassari, non dimenticherà facilmente. A lui va il primato di essere stato il primo ricercatore sardo ad apparire sulla copertina della prestigiosa rivista americana.
Il merito di un traguardo così importante è l’originalità con cui Bernardo Chessa, in collaborazione con uno dei più importanti retro-virologi del mondo: il prof Palmarini della Glasgow University, ha condotto la sua ricerca ricostruendo la storia dell’addomesticamento della pecora. “In pratica”, dice Chessa, “abbiamo cercato di ricostruire alcuni aspetti della domesticazione della pecora attraverso lo studio dei retrovirus che hanno infettato questa specie animale nel corso di migliaia di anni. I retrovirus sono virus che hanno la capacità di integrarsi nel genoma della specie animale che infettano, si trasmettono orizzontalmente da un animale infetto ad uno non infetto come qualunque altro virus “esogeno”. Casualmente un retrovirus “esogeno” può anche integrarsi in cellule della linea germinale, da quel momento verrà trasmesso verticalmente, dal genitore alla prole, come qualunque altro gene. Durante l’evoluzione retrovirus endogeni hanno colonizzato il genoma di tutte le specie animali, uomo incluso. I retrovirus endogeni lasciano quindi una traccia indelebile nel corredo genetico dell’ospite infettato che sarà poi trasmesso alle generazioni future. “Nel genoma della pecora abbiamo individuato ventisette retrovirus endogeni” spiega Chessa “alcuni si sono integrati tra i cinque e nove milioni di anni fa, e sono comuni anche alla capra, altri si ritrovano solo nei progenitori selvatici degli ovini, mentre sei ERVs si sono integrati in tempi più recenti, sono quindi presenti solo nella pecora e non negli ovini selvatici. “Ho analizzato la presenza di questi sei retrovirus in 1362 campioni appartenenti a 133 diverse razze provenienti da tutto il mondo”, spiega il ricercatore, “partendo dal presupposto che se in due distinte pecore trovo lo stesso retrovirus endogeno, significa che queste sono filogeneticamente correlate, in altre parole hanno avuto un progenitore comune”. Le sorprese e le curiosità durante questo “viaggio” nel passato genetico dei progenitori delle pecore non mancano. “Abbiamo scoperto, tenendo conto anche dei dati archeologici, che le pecore, domesticate circa dieci mila anni fa in Medio Oriente, si sono da qui diffuse in Africa, in Asia, in Europa, dal bacino del Mediterraneo fino alle aree più a nord della Norvegia e della Finlandia, attraverso distinti episodi migratori. “Relitti” delle prime migrazioni sono i Mufloni di Sardegna e Corsica, le Soay, le Orkney e altre razze del nord Europa. Queste pecore primitive, che venivano allevate principalmente per popolare dei territori di caccia e favorire l’approvvigionamento di carne, sono state poi sostituite da pecore più “moderne” che presentavano probabilmente tratti maggiormente selezionati, forse la prima selezione da parte dell’uomo ha riguardato la produzione della lana”. Si scopre che i pastori Neolitici della prima migrazione mantenevano caratteri preistorici e non utilizzavano le pecore per sfruttare i prodotti secondari. Erano per lo più dei cacciatori e le diverse specie allevate non furono soggette ad allevamento intensivo. “Il nostro lavoro suggerisce che anche le pecore più “moderne” siano originarie del Medio Oriente, e da qui si sono poi diffuse in tutto il mondo”. Solo durante la seconda migrazione, si ha testimonianza dello sfruttamento della pecora anche per i caratteri secondari. La diffusione di queste specie ha interessato prima l’Asia sud occidentale per poi diffondersi in Europa, Africa e nel resto dell’Asia sud occidentale. Le prove di questa seconda migrazione sono presenti nelle razze attuali sparse tra l’Egitto, la Siria, Israele, l’Arabia Saudita e la Turchia attuale. Il manto di queste razze è più folto di quello delle razze appartenenti alla prima migrazione. Probabilmente una mutazione favorevole ha portato alla modificazione di questo carattere. Riconducibile alla caratteristica di queste pecore è la prima storia di abigeato raccontata nella leggenda di Giasone e degli Argonauti e del vello d’oro preso nella regione della Colchide, tra l’attuale Trebisonda, in Turchia, e la Georgia.
L’utilizzo dei retrovirus come marker genetici apre nuove frontiere per la ricostruzione di migrazioni che hanno interessato altre specie di animali. Inoltre la possibilità di poter riconoscere dal punto di vista genetico razze di pecore più primitive, in base agli ERVs presenti nel loro genoma, permette di capire meglio quali sono i pool genetici da conservare per il mantenimento della biodiversità. Non meno rilevante è che ben l’8% del genoma umano è costituito da EVRs e chissà che questo non possa portare a nuove scoperte sull’evoluzione umana.


giovedì 26 febbraio 2009

L'inesorabile trascorrere del tempo

Capelli bianchi, caratteristica legata a persone sagge e mature. Ma è davvero così? Il mistero è presto svelato e in maniera del tutto scientifica: è l'inesorabile trascorrere del tempo.
La ricerca, condotta da un team di scienziati europei e pubblicata sul "Faseb Journal", dimostrata come l'aumento dei capelli bianchi sia legato produzione di perossido di idrogeno (la comunissima acqua ossigenata, o come scriverebbero i chimici, H2O2) da parte dei bulbi piliferi con l'avanzare dell'età.
I follicoli producono una piccola quantità di perossido di idrogeno, ma questa tende ad aumentare con il passare degli anni. L'acqua ossigenata tende a bloccare la sintesi della melanina, il pigmento che "colora" i nostri capelli, rendendoli prima grigi e poi bianchi.
L'aumento del perossido di idrogeno è causato dalla riduzione di un enzima (catalasi), che separa l'acqua ossigenata in acqua e ossigeno. I follicoli, insieme ad un altro enzima respopnsabile della presenza della melanina nei follicoli stessi, non riesce a contrastare i danni causati dal perossido di idrogeno col passare dell'età e una volta avviato questo meccanismo non resta che recarci dal parrucchiere per rimediare artificialmente a questo inconveniente. Oppure accettare "l'inesorabile trascorrere del tempo e il logorio che lo pervade".

mercoledì 25 febbraio 2009

Un esempio di bioinformatica: i microarrays.

Lo sviluppo dell'informatica negli ultimi decenni ha dato un contributo notevole alla ricerca scientifica, soprattutto per lo sviluppo e le analisi di ricerche che necessitavano l'archiviazione di una gran numero di dati, come quelli relativi al genoma umano.
Gli studi di genetica umana all'inizio potevano essere condotti solo su alcuni geni per volta, ma dopo che ne vennero individuati un gran numero, era necessario sviluppare delle tecnologie capaci di permettere l'analisi di geni su vasta scala.
Grazie alle nuove tecnologie informatiche nel 1996, sono stati messi sul mercato i microarrays, o DNA chip, che permettono lo studio dell'espressione genica. Mentre prima i ricercatori erano costretti ad analizzare un singolo gene per volta, con i “geni chip” hanno potuto effettuare l'analisi di migliaia di coppie di geni contemporaneamente. Una definizione più precisa di ciò che è un microarray è data da Schena (Scienze, 1995), il quale lo definisce come "un allineamento ordinato degli acidi nucleici, le proteine, piccole molecole, che permette l'analisi parallela dei campioni biochimici complessi".
Ma come è fatto un microarrays? Esso è costituito da numerose molecole di DNA (sonde), disposte in una griglia. Le dimensioni sono abbastanza ridotte, circa 2 cm, ogni sonda è costituita da una singola elica di Dna di un gene e tutte le sonde dei chip rappresentano la maggiorparte dei geni di un organismo. Il DNA chip sfrutta la stessa capacità del DNA della complementarità delle basi, ovvero l'appaiamento delle basi azotate, l'adenina (A) con la timina (T) e la citosina (C)con la guanina (G). Grazie a questa capacità i microarrays riescono ad identificare geni espressi o non espressi in un tessuto. I geni espressi vengono trascritti tramite mRNA (RNA messaggero) e dall'estrazione dell'mRNA viene ottenuta una molecola di cDNA marcata con un marcatore fluorescente. I cDNA vengono poi applicati al chip; quando il cDNA trova la sua base omologa si appaia, come farebbe una normale sequenza di DNA. Nel punto di appaiamento il microarray emette la fluorescenza e a seconda del colore che verrà emesso, si tratterà di un gene sano o di un gene malato. Questo è ciò che viene definito profilo di espressione del gene.
Le applicazioni dei microarrays sono numerose e di grande importanza, come ad esempio l'analisi dell'espressione genica, attraverso la quale si è riusciti a controllare i livelli di espressione dell'espressione dell'RNA utilizzando il cDNA, e della variazione del DNA.
Per quanto rigurda quest'ultima tecnica sono necessari però i microarray di oligonucleotidi, ovvero dei microarray che contengono oligonucleotidi o parti di genomi di alcuni esseri viventi. Questo tipo di microarray possono essere prdotti per deposizione piezoelettrica o per sintesi in situ.
La grandiosità dell'invenzione dei microarray sta soprattutto nel fatto di poter utilizzare un gran numero di dati contemporaneamente, come ad esempio lo studio di migliaia di geni per volta e non più di ogni gene singolarmente con una possibilità di errore piuttosto bassa. Persino il costo è piuttosto contenuto se si pensa al suo importante utilizzo, circa 1500 € per ogi applicazione.

sabato 21 febbraio 2009

"Più grande del cielo"...

Il 19 febbraio nell’aula 203 della Cittadella Universitaria di Monserrato il professor Giovanni Biggio, Professore Ordinario di Neuropsicofarmacologia dell’Università degli Studi di Cagliari, ha tenuto una lezione sul cervello per gli studenti del master in Comunicazione della Scienza.
Più grande del cielo, così parafrasando una poesia di Emily Dickinson, viene definito il cervello, organo fondamentale per le funzioni del nostro corpo. Costituito da miliardi di cellule chiamate neuroni, che a differenza di quanto si è sempre creduto, hanno capacità rigenerative, inizia a stupirci già dai primi attimi di vita. Esso raggiunge la maturità a 18 anni nelle donne e tra i 20 e i 21 negli uomini. Fondamentali per il suo sviluppo sono le modalità di attaccamento del bambino alla madre durante i primi anni di vita così come gli anni dell’adolescenza risultano essere cruciali per lo sviluppo fisiologico e per il raggiungimento di un buon equilibrio mentale. Un ambiente positivo familiare e scolastico favorisce un normale sviluppo delle facoltà mentali, mentre risultano deleterie le sostanze d’abuso quali alcool e droghe. Anche l’assunzione di piccole quantità di sostanze d’abuso, incluso l’alcol, può risultare deleterio per lo sviluppo del cervello e per la possibile insorgenza di patologia mentale in soggetti geneticamente predisposti. Infatti, ricerche scientifiche dimostrano che l’uso di queste sostanze, anche in piccole dosi, può essere determinante per lo sviluppo di patologie mentali nell’adolescenza, nell’età adulta e nel periodo senile. I soggetti portatori di specifici polimorfismi genici sono particolarmente vulnerabili agli effetti di queste sostanze e più facilmente possono andare incontro a psicopatologia.
L’insorgere di ansia, depressione e altre patologie più gravi, come la schizofrenia possono essere curati non solo con l’ausilio di farmaci, ma con un approccio terapeutico multidisciplinare di tipo psicologico, ambientale, psichiatrico e farmacologico. Anche gli ormoni, come ad esempio il testosterone e il cortisolo giocano un ruolo fondamentale nella funzionalità del cervello. Banditi alcool e sostanze d'abuso ciò che giova maggiormente al cervello sono stimoli positivie un ambiente sano.
Le nuove metodologie di indagini come la Risonanza Magnetica, hanno dato un quadro generale delle modificazioni che avvengono nei neuroni e dei cambiamenti morfologici del cervello dei pazienti affetti da depressione. Come dice Biggio: "Alla base c'è un fenomeno fisiologico che naturalmente tende a manifestarsi in età avanzata: le cellule sono meno trofiche e meno capaci di elaborare segnali troppo intensi e sofisticati. Spesso una riduzione del volume dell'ippocampo, dell'amigdala e della corteccia cerebrale, strutture che hanno un ruolo sia in ambito emozionale che cognitivo, viene descritta nel cervello dei depressi. Come la fisioterapia dopo un incidente muscolare, i farmaci di nuova generazione agiscono sui fattori trofici e riescono a migliorare il trofismo dei neuroni, stimolando la formazione di nuove connessioni tra nuovi e vecchi neuroni e stimolando la produzione di nuovi neuroni".
Il segreto quindi è allenare il nostro cervello così come un atleta fa coi suoi muscoli.

Quattro buoni metodi per imparare a insegnare Scienza

Quante volte vi siete chiesti come mai capire le materie scientifiche sia così difficile? E’ sempre colpa della vostra scarsa propensione verso quelle materie, oppure è anche colpa dei professori e degli scienziati che salgono in cattedra?
Bene, rincuoratevi e non crediate che il vostro quoziente intellettivo sia inferiore rispetto alla media, ma prendetevela pure con professori e scienziati che non hanno mai fatto alcuno sforzo per rendere certi argomenti alla portata di tutti.
Il primo vero problema nasce dal fatto che agli studenti non venga mai chiesto di porsi in maniera critica di fronte ai fatti che accadono in natura, ma essi devono semplicemente memorizzare dei dati e delle formule senza chiedersi il perché le cose accadano.
Una serie di esperti appartenenti alla U.S. National Academies hanno stabilito nel “Insegnare scienza nelle scuole: Imparare e insegnare scienze in gradi K-8”, che per insegnare la scienza occorre raggiungere quattro obiettivi: sapere, usare e interpretare le spiegazioni scientifiche del mondo naturale, capire la natura e il suo sviluppo, preparare gli studenti a valutare e a creare prove e spiegazioni scientifiche, e infine, partecipare in modo produttivo ai discorsi scientifici.
John A. Moore, in qualità di scienziato e di insegnante, ha sottolineato il fatto che la scienza ha un modo speciale per farci capire come và il mondo e se adulti e studenti non riescono a capirlo la colpa risiede nel metodo di insegnamento durante i corsi di scienza. Una “colpa” che ricade anche sul mondo del lavoro. Le industrie si lamentano continuamente del fatto che sia studenti del college che laureati non sono capaci di lavorare in maniera soddisfacente in quanto incapaci di avere come caratteristiche la capacità di risoluzione dei problemi in maniera logica. La causa di questa mancanza và ricercata nel metodo di approccio ai problemi; problemi di semplice risoluzione vengono spesso ingigantiti con la ricerca di complicate risposte. Secondo Moore è shockante sapere che per molte persone di cultura elevata non c’è differenza tra la spiegazione scientifica o non scientifica di determinati fenomeni, come per esempio per l’evoluzione.
Il più grosso errore fatto dagli insegnanti di scienza è quello di pensare che la scienza non sia una materia che può essere verificata indipendentemente ed in maniera logica, ma di pensare che sia una forma di verità comunicata dagli scienziati.
Come intervenire allora per migliorare questa situazione? Moore suggerisce innanzitutto di modificare il metodo di valutazione e di far intervenire attivamente gli studenti in discussioni scientifiche. Inoltre, lo sviluppo di un progetto nazionale, per quanto riguarda gli Stati Uniti, per migliorare la qualità della valutazione e dell’insegnamento delle quattro discipline scientifiche definite dalla National Academies. Il mondo ha urgentemente bisogno di una ridefinizione del modo di insegnare scienza.
Questa soluzione, anche se studiata per gli Stati Uniti, dovrebbe essere utilizzata anche negli altri paesi e finalmente la scienza non verrebbe più vista come dogma, ma come una serie di eventi naturali che possono essere spiegati attraverso indagini e logica.

martedì 27 gennaio 2009

Ricaricate la batteria, si vola!

Verrà presentato domani 28 gennaio 2009 all'Envoirment Park di Torino il primo aereo elettrico. SkySpark, primo aereo ecologico al 100% nato dallo sviluppo di un progetto realizzato dalla società DigiSky in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Aereospaziale del Politecnico di Torino (DIASP).
Il progetto nasce con l'intento di riuscire a costruire un velivolo in grado di compiere un intero volo impiegando esclusivamente idrogeno come combustibile e di poterlo utilizzare per il trasporto di persone.
Il velivolo avrà un peso che oscillerà tra 450 e 600 kg, sarà alimentato da celle combustibili ad idrogeno con un sistema di stoccaggio di un motore elettrico sincrono di tipo "Direct Drive" di 65 KW a magneti del tipo "brushless" prodotto dalla Sicme Motori, partner del progetto. L'autonomia stimata è di due ore circa con una velocità di 300 km/h e la possibilità di raggiungere una quota di 3000 m.

venerdì 23 gennaio 2009

Corteggiate gente, corteggiate...

In una società come quella attuale dove tutto và di fretta, perché animali e persone perdono così tanto tempo nel corteggiamento? Da questa domanda è partita la ricerca condotta dal professor Robert Seymour e dalla sua equipe dello Univerity College of London.
Ai fini evoluzionistici sembrerebbe più favorevole ridurre i "costi" del corteggiamento, permettendo così una più veloce riproduzione. Ma questa scelta sembrerebbe la meno intelligente, in quanto "un cortteggiamento più lungo è un modo per la donna di acquisire maggiori informazioni sull'uomo- afferma il professor Seymour- Prolungare questa fase, infatti, permette di ridurre le possibilità di instaurare una relazione con un cattivo compagno".
Lo studio è stato realizzato con un modello matematico per studiare i meccanismi del corteggiamento uomo-donna.
Il modello prevede un gioco in cui vengono presi in esame un uomo, fortemente motivato o interessato solo al sesso, e una donna. Gli esiti sono due, uno positivo, se i due escono insieme, e uno negativo, se lei rifiuta il partner.
Gli uomini con pazienza e duro lavoro devono cercare di conquistare la propria amata e le donne invece, meditano e studiano il corteggiatore per avere più chance di trovare quello giusto.
Dall'analisi dei risultati, come ci si aspettava, "i cattivi ragazzi non sono interessati a protrarre a lungo il gioco della corte", afferma Seymour. "La donna ha un problema strategico, deve analizzare", spiega Peter Sozou della Warwick medical School, che ha partecipato allo studio. "Questo potrebbe spiegare la nascita del corteggiamento e il luogo comune per cui una donna non dovrebbe mai andare a letto con il partner al primo appuntamento", aggiunge Sozou. Non cedere fin da subito sarebbe la strategia migliore. "Il rischio non si può azzerare, a meno che non si abbandoni del tutto il corteggiamento".


Cari maschietti nessuno se la "tira", come dite voi, noi donne pensiamo solo a salvaguardare la specie umana.

giovedì 22 gennaio 2009

Metano su Marte. Siamo davvero stati sempre soli?

Dai dati trasmessi dalla sonda Mars Express dell'Esa, è stata trovata presenza di metano in alcune zone del pianeta Marte. Tre le aree dalle quali fuorisce il metano ad una velocità di 0,6 kg al secondo: Nili Fossae, Terra Sabae e Syrtis Major. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science dopo l'analisi spettroscopica dell'assorbimento di alcune righe che testimoniano la presenza del gas.
Ma che origine può aver avuto una così grande quantità di metano? La presenza del metano è solitamente associata a particolari attività geologiche, come attività vulcaniche o sorgenti di acqua calda, ma le prove di tali attività sarebbero piuttosto scarse. Pare che l'orgine sia biologica, cioè dovuta a particolari processi di origine animale, come decomposizione sia animale sia vegetale.
Si spera che con l'invio del Rover Mars Science Laboratory della Nasa, robot delle dimensioni di un suv alimentato ad energia nucleare, potremo avere maggiori risposte e qualche certezza in più. Dovremo pazientare ancora un pò, l'invio è previsto per il 2011.

Frecce di Cupido o Viagra dell'innamoramento?

Niente frecce per fare innamorare o
disinnamorare le persone, ma
semplicemente un mix ormonale a governare il tutto.
E' quanto pubblicato sull'autorevole rivista scientifica Nature da uno studio condotto da Larry Young, professore alla Emory University di Atlanta, in
Georgia.
Sulle donne l'innamoramento, sarebbe controllato dalla presenza di un ormone, l'ossitocina, mentre sugli uomini dalla vasopressina. Uomini con vasopressina ridotta si rivelano poco romantici e poco inclini ai rapporti monogami e con maggiori difficoltà a mettere su
famiglia.
Il meccanismo sarebbe di tipo evolutivo, e come spiega il professor Young, «parte della nostra sessualità ha preso forma per stimolare lo stesso sistema ormonale che si crea tra le mamme e i figli». E l’efficacia del processo - aggiunge il professore - spiega il desiderio delle femmine di fare sesso anche quando non sono fertili e l’attrazione dei maschi per i seni: il sesso unisce grazie alla capacità di mantenere alto questo «cocktail di neuropeptidi».
L'ossitocina pare agisca come la nicotina e la cocaina portando ad una vera e propria dipendenza. L'amore quindi non sarebbe altro che un cocktail di ormoni e niente di quelle romanticherie descritte nei libri o viste nei film.

Dopo il Viagra arriverà anche la pillola per farci innamorare? A me ne servirebbe una per avere l'effetto contrario, caro professor Young...

mercoledì 14 gennaio 2009

Orgogliosa di essere sarda

Sardegna non solo mare e turismo. E' di ieri la notizia della consegna del premio internazionale "Un bosco per Kyoto 2008/2009" alla nostra Regione per le attività e le politiche attuate volte alla riduzione delle emissioni di CO2 nell'atmosfera.
Il premio è stato consegnato nella Promoteca del Campidoglio a Roma all'assessore regionale della Difesa dell'Ambiente della Sardegna Cicito Morittu.
"Un milione di alberi", questa l'iniziativa, ha riscosso molto successo con l'individuazione di 346 siti messi a disposizione da comuni, scuole e altri enti pubblici che sono stati trasformati un aree verdi.
L'iniziativa ha ricevuto il premio in quanto costtuisce un valido contributo al rispetto del protocollo di Kyoto per lotta alla riduzione dell'anidride carbonica emessa nel pianeta. Da calcoli effettuati infatti risulta che con un milione di alberi si possa assorbire una quantità di 17.000 tonnellate annue di CO2, paragonabili alla quantità media di anidride carbonica emessa per il cosnumo di energia elettrica da parte di 40.000 abitanti.


Che dire? Sardegna continua a farti ancora più bella e a dare un buon esempio...

lunedì 12 gennaio 2009

Buon 2009 Astronomia



Il 2009 sarà l'Anno Internazionale dell'Astrnomia.
Dal 15 al 18 gennaio, All'Auditorium Parco della Musica a Roma, si terrà il Festival delle Scienze 2009 dedicato all'Astronomia.
Sarà questa l'occasione per riunire fisici, astrofisici, addetti ai lavori e non, per trovare risposte e porsi nuovi quesiti sull'Universo e sul suo divenire.
Particolare attenzione verrà data a Galielo Galilei e a la sua più famosa invenzione: il cannocchiale, in occasione del quattrocentesimo anniversario dalla sua nascita.

lunedì 5 gennaio 2009

Sid&Co., ipotesi dell'estinzione di bradipi giganti, mammuth e tigri dai denti a sciabola

Sid& Co. sono i protagonisti di un famoso film di animazione intitolato "L'era glaciale", I e II, in cui viene raccontato come un bradipo gigante, un mammuth e una tigre dai denti a sciabola, riescono a salvarsi e con loro, altre specie di animali preistorici, su una sorta di arca di noè.
Correva l'anno 12.900 e ciò che accadde realmente sembra sia molto lontano da ciò che è stato raccontato nel film della Pixar. E' noto che per bradipi, mammuth e tigri non ci sia stato un "happy end", ma l'estinzione, dovuta ad una pioggia di meteoriti abbattutasi sulla Terra.
E' quanto emerso da una ricerca condotta dall'Università dell'Oregon e pubblicata sulla prestigiosa rivista "Science". Il ritrovamento di microdiamanti, ritrovati tra l'Arizona e i South Carolina fino agli stati canadesi dell'Alberta e di Manitoba, ha permesso di arrivare a questa conclusione. Queste pietre infatti si formano solo a condizini di altissime temperature e pressioni, condizioni simili a quelle che si sono verificate in Siberia, nella foresta di Tunguska, dove l'impatto tra la superficie terrestre e un meteorite distrusse 2000 km quadrati di foresta.
L'impatto delle meteoriti con la terra fu anche la causa dell'era glaciale che durò 1.300 anni in cui trovarono l'estinzione grandi animali, tra i quali Mammuth, Bradipi giganti e Tigri dai denti a sciabola.
La teoria non è stata accolta con molto entusiasmo nel mondo scientifico, ma non è nemmeno stata smentita. Chissà che qualche scienziato non riesca a trovare una teoria meno catastrofista.
Per il momento continuiamo a sognare e attendiamo dalla Pixar "L'era glaciale III" a darci qualche suggerimento per delle teorie future.